Celle solari sensibilizzate ai coloranti

La vita superiore deve la sua esistenza alla capacità del pigmento verde clorofilla di convertire l’energia secondo il principio delle celle solari cinetiche (rif. 426). Inoltre, l’evoluzione ha dovuto sviluppare le tecnologie più sofisticate per rendere vitale, ad esempio, un albero come la Welwitschia mirabilis nell’ostile e arido deserto del Namib.
Affascinato dal funzionamento dei coloranti nella fotosintesi, già da studente ero molto motivato a sperimentarli. Ho rivestito elettrodi di ossido di zinco con vari coloranti e ho sviluppato e dimostrato le prime celle solari a coloranti. Ciò è avvenuto prima come parte della mia tesi di dottorato nel laboratorio di Heinz Gerischer a Monaco (1968) e poi come borsista in collaborazione con Melvin Calvin a Berkeley (1969 – 1971)(rif. 1, 8, 10, 374, 420 nell’elenco delle pubblicazioni).
I coloranti, come il pigmento verde delle piante, la clorofilla, possono assorbire la luce solare, immettere elettroni nei materiali translucidi e – questa è stata la scoperta più importante – alimentare in questo modo una cella fotovoltaica. Le prime celle avevano ancora una bassa stabilità e resa, ma imitavano già il principio della fotosintesi primaria, indicando la strada per lo sviluppo di celle solari a coloranti artificiali.